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Percorsi tematici

Questa sezione raccoglie una serie di itinerari realizzati dagli Archivi di Stato, dalle Soprintendenze Archivistiche e da Istituti esterni all'Amministrazione archivistica.

Ciascun percorso è corredato da una scheda descrittiva con un rimando al sito dell'Istituto che lo ha realizzato. Offre anche i collegamenti alle risorse archivistiche descritte nel SAN, ai documenti digitali e a una bibliografia. Questi ulteriori strumenti hanno lo scopo non solo di ampliare l'offerta di contenuti ma anche di facilitare l'esplorazione e la conoscenza del patrimonio archivistico.

L'utente viene guidato in itinerari di ricerca tra le fonti degli Istituti archivistici. I percorsi tematici, senza la pretesa di essere esaustivi, rispondono all'esigenza di suggerire una possibile via interpretativa che permetta di orientarsi allinterno di una determinata materia.

 
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Archivio degli spot politici

 
 

Descrizione

- Sin dalle prime elezioni politiche del dopoguerra i principali partiti ed organizzazioni politiche italiane realizzano filmati di propaganda. In alcuni casi si tratta di lungometraggi, in altri di corti di pochi minuti che, grazie a proiettori ed apparecchiature mobili, venivano mostrati nelle sezioni, nelle case del popolo, nei luoghi di riunione e, nel caso di quelli della Dc e Comitati Civici, anche nel circuito dei cinema parrocchiali. Gli alti costi di produzione e le relativamente scarse occasioni per farli vedere – si tenga presente che per la proiezione nei luoghi pubblici era richiesto un “visto” di autorizzazione da parte delle forze di sicurezza, concesso con grande “attenzione” – decretano, negli anni a seguire, una limitata diffusione dei filmati di propaganda e un loro progressivo abbandono a favore di strumenti ritenuti ben più efficienti ai fini della propaganda politica.

- In occasione della campagna elettorale del Referendum per l’abrogazione del divorzio del 1974[1], il Comitato per il No promuove la realizzazione di alcuni brevi filmati proiettai a pagamento nelle sale cinematografiche durante l’intervallo dei film. Questi filmati vengono affidati ad alcuni noti registi e vedono il coinvolgimento di noti personaggi del cinema e dello spettacolo, Per contenuti e caratteristiche formali, si tratta a tutti gli effetti degli antenati degli spot politici.

- Gli spot politici, intesi come brevi filmati propagandistici, trasmessi a pagamento negli spazi pubblicitari delle trasmissioni televisive, si diffondono in Italia alla fine degli anni Settanta con la nascita delle emittenti private locali che introducono anche nel nostro Paese la pratica dei break pubblicitari all’interno della programmazione.
Le prima occasione in cui si registra questa nuova forma di comunicazione politica sono le elezioni politiche ed europee che si svolgono ad una settimana di distanza il 3 e il 10 giugno 1979. Si tratta di spot che nascono su iniziativa dei partiti locali o dei singoli candidati, realizzati di solito con scarsità di mezzi e di risorse. Nessuno spot di quelle campagne è stato al momento ritrovato.

- Negli anni Ottanta, con l’estendersi dell’emittenza privata su scala nazionale, lo spot diventa uno dei principali strumenti per la propaganda politica. In occasione delle elezioni politiche del 1983 tutti i partiti utilizzano gli spot in quelle che diventano la prime tele-elezioni italiane. I partiti si avvicinano allo spot anche in relazione alle loro differenti storie e culture politiche. Il Partito Socialista percorre apertamente la strada della personalizzazione con spot centrati sulla figura del suo segretario Bettino Craxi[2]. Il Partito Comunista affida la realizzazione di vere e proprie mini fiction a noti registi cinematografici[3]. La Democrazia Cristiana nella serie di spot “decidi Dc” guarda invece ai linguaggi e ai formati della pubblicità commerciale[4]. Il Partito Social Democratico inventa il cartone animato di Gigi il gatto[5]. Anche il Pri trova in Giovanni Spadolini un elemento di personalizzazione[6].
Sono gli anni d’oro dello spot politico, spesso realizzato dalle grandi agenzie pubblicitarie sul modello di quelli commerciali e trasmessi senza alcun vincolo se non quello dei costi.
La campagna elettorale per le elezioni politiche del 1987 segna un ulteriore salto in avanti nell’uso degli spot. Tutti i partiti li utilizzano, dando vita e campagne più articolate e sofisticate, incentrate intorno a degli slogan portanti. Il Psi propone la nuova immagine di Craxi statista, intervistato dal giornalista Giovanni Minoli[7]; il Partito Liberale gioca con i colori della bandiera[8]; il Pci realizza una campagna contro la Dc siglata dal claim: “c’è un’altra possibilità”[9]; la Democrazia Cristiana, si affida all’agenzia pubblicitaria del Mulino Bianco, che produce uno spot molto innovativo per l’epoca che si chiude con lo slogan “Forza Italia, fai vincere le cose che contano. Vota DC”[10]

- Nel 1994 l’avventura politica di Forza Italia e di Silvio Berlusconi iniziano con un lungo spot che nella regia, nei colori, nella musica e nell’immaginario proposto, si colloca in continuità con quello della Democrazia Cristiana di quattro anni prima[11]. Questo filmato è seguito da una massiccia campagna di spot con protagonista unico Silvio Berlusconi, trasmessi principalmente sulle reti di sua proprietà[12]. Con la scesa in politica del proprietario dei più importanti canali commerciali il problema della regolamentazione degli spot politici, sino ad allora non affrontato, si pone con maggiore urgenza.
Le riforme elettorali che all’inizio degli anni Novanta introducono in Italia l’elezione diretta dei sindaci e dei presidenti di Regione, assieme al passaggio dal sistema proporzionale a quello maggioritario, incentivano lo sviluppo di campagne elettorali personalizzate[13] con l’utilizzo degli spot da parte dei principali candidati[14].

- Nel 1996 il decreto legge Gambino ed un provvedimento del Garante per l’Editoria regolano la propaganda politica in televisione, come non era riuscito alla legge del 1993. Oltre a limitare le presenze dei partiti e dei candidati nei programmi, con particolare attenzione ai tempi, alla collocazione oraria, agli ospiti e all'imparzialità del conduttore e del regista, viene di fatto vietata la trasmissione degli spot politici durante il periodo di campagna elettorale. Negli anni successivi seguono diversi interventi legislativi che non invertono questo orientamento che limita l’uso e le potenzialità degli spot elettorali.
 

- Dal 2000, internet interviene anche sulla comunicazione politica e sulle forme della comunicazione elettorale. Per i siti dei partiti e dei candidati iniziano ad essere realizzati video che, a differenza degli spot televisivi, non sono più costretti nei tradizionali formati da 15 o 30 secondi e non comportano costi per la loro trasmissione in rete. I video prodotti aumentano così nel numero e nella lunghezza[15] - raggiungendo in alcuni casi la dimensione di corti – non invece nella  qualità, anche perché essendo per lo più destinati ad essere visti dai simpatizzanti e dai sostenitori che frequentano i siti, alla loro realizzazione vengono destinate risorse molto contenute. Nei casi più fortunati si supplisce con l’originalità[16] e l’ironia[17]. E’ però una breve fase di transizione.

 
- Negli ultimi anni la grande diffusione della rete e in particolare dei social network sono all’origine di un’ulteriore stagione degli spot politici, caratterizzata da stili e linguaggi originali.
Facebook, Youtube e gli altri social network promuovono la realizzazione di video con contenuti politici da parte non solo di creativi e semplici navigatori ma, sempre più, anche da parte di partiti, candidati e simpatizzanti, interessati alle potenzialità di questi nuovi mezzi. Alcuni di questi video,  finalizzati a diffondersi sulla rete in maniera virale, anche grazie all’azione di rilancio svolta in alcuni casi dai media generalisti, vengono infatti visti da milioni di utenti e si inseriscono nella costruzione dell’agenda delle campagne elettorali e nello svolgimento del dibattito pubblico. La natura dei social network, così come le modalità di fruizione dei contenuti in rete, determinano un’evoluzione nei registri e nei linguaggi degli spot politici a favore del comico[18], della satira[19], del thriller[20], del negative[21], e dei formati più spettacolari o d’effetto, sovente presi a prestito o apertamente ispirati ai generi più popolari e di successo dell’industria dell’intrattenimento. televisione[22] e cinema in primo luogo, ma anche video-clip, trailer, reality.
 
- Nel corso dei loro oltre trent’anni di storia, gli spot politici italiani hanno sviluppato differenti generi e filoni, in parte ispirati all’esperienza di altri paesi, in primo luogo gli Stati Uniti, in parte dovuti alle stagioni della vita politica e sociale italiana e dei suoi protagonisti. Questi i principali: