NOTIZIE IN EVIDENZA

 

VEDI ANCHE...

 

Amministrazione separata degli usi civici di Tressilla, Tressilla (Baselga di Piné), 1935 aprile 11 - - Ente

 

Tipologia

Ente

 

Forma autorizzata del nome

Amministrazione separata degli usi civici di Tressilla, Tressilla (Baselga di Piné), 1935 aprile 11 -  Linked Open Data: san.cat.sogP.98947

 

Altre denominazioni

Amministrazione separata degli usi civici di Tressilla A.S.U.C. di Tressilla

 

Tipo ente

ente pubblico territoriale

 

Descrizione

Il concetto di uso civico va ricercato nell'organizzazione delle comunità di villaggio, che nel corso del Medioevo assunsero il nominativo di "regole", poiché la loro organizzazione interna si basava su ordinamenti chiamati "carte di regola". Nei passaggi storico-istituzionali che investirono l'organizzazione delle comunità trentine, in particolare dal Medioevo all'età moderna, queste continuarono ad esercitare il diritto di utilizzo delle proprietà collettive e dello sfruttamento dei beni comuni; la concezione di "privato" veniva in questo contesto riservata solo a quei terreni coltivati direttamente da una famiglia (1). Gli abitanti di un determinato territorio esercitavano su quello i propri diritti "uti cives" cioè, per il solo fatto di essere cittadini appartenenti ad una comunità insistente su un'area geografica, vantavano diritti su terreni e boschi, pascoli e malghe, miniere e torbiere e sui beni "naturali" circoscritti dall'area stessa. In generale si trattava di quelli che dall'attuale Codice civile vengono identificati come "beni demaniali" e per loro natura sono inalienabili (2). Dal punto di vista legale, il possesso dei beni di uso demaniale è stato riconosciuto come diritto della popolazione da una sentenza della Suprema Corte di Cassazione, la quale il 5 gennaio 1951 stabiliva che "le terre del demanio universale o comunale sono proprietà delle popolazioni, non dell'ente pubblico. Il pascolo e il legnatico integrano l'antichissimo uso delle popolazioni di ritrarre dalle terre le utilità essenziali per la vita, e debbono annoverarsi fra le forme sopravviventi del primitivo collettivismo agrario, che hanno permesso per secoli alle popolazioni di partecipare al godimento in natura di terre, di pascoli e di boschi. Gli usi civici trovano il loro fondamento nell'antico dominio delle popolazioni che, per soddisfare i bisogni essenziali della vita, usavano le terre in certi modi determinati. Tali usi hanno continuato ad sussistere anche dopo l'emanazione delle leggi sull'abolizione della feudalità". Nel Settecento, secolo dell'Assolutismo illuminato, con le riforme portate avanti da Maria Teresa d'Austria e da Giuseppe II si cercò di modificare le modalità di gestione dei beni delle comunità rurali e, sebbene le riforme non risultassero del tutto indolori per la popolazione, non ottennero tuttavia nemmeno quel cambiamento radicale che la monarchia aveva progettato. La patente del 1768 e poi quella del 1772, emanate da Maria Teresa, miravano a migliorare l'agricoltura attraverso la creazione di cooperative agricole che diffondessero nuove conoscenze e tecniche di coltivazione per aumentare la resa dei terreni e ampliassero le superfici coltivabili attraverso la bonifica dei terreni paludosi e l'abbandono dei pascoli nelle terre comuni a favore di una conversione in terreni agricoli. Anche i boschi rientrarono nel progetto di accentramento della monarchia asburgica, in particolare con Giuseppe II i diritti delle comunità venivano limitati e crescevano i controlli governativi sulle zone boschive, a discapito dei diritti comunitari e contro le "regole" proprie del territorio. Queste modifiche tuttavia ebbero maggiore diffusione e applicazione nei territori tirolesi, mentre minor impatto ebbero nelle terre del Principato vescovile. Su queste terre tuttavia, nel corso del Settecento, anche i vescovi si erano preoccupati di limitare lo sfruttamento delle risorse boschive in vista della loro conservazione, a fronte dello sfruttamento intensivo al quale erano sottoposte (3). Con la sconfitta dell'Austria e la pace di Presburgo (1805) il Tirolo passò alla Baviera, ma la linea politica tenuta dal Governo nei confronti dell'autogoverno delle comunità rurali non mutò. Nel campo della gestione dei beni comuni il governo bavarese seguì quella che era stata la strada aperta da Maria Teresa d'Austria e da Giuseppe II: limitazione delle proprietà comuni tramite la suddivisione delle medesime in appezzamenti privati e progressiva riduzione delle zone destinate al libero pascolo. Con il successivo governo napoleonico le carte di regola non solo persero il proprio valore, ma le stesse comunità trentine vennero drasticamente ridotte, mentre lo sfruttamento delle risorse boschive per motivi bellici, si fece intenso e preoccupante, visto il perdurare della stato di guerra. La sconfitta di Napoleone e la restaurazione dei governi precedenti all'invasione vide il ritorno del governo austriaco, che si pre-occupò nuovamente dei diritti delle comunità nella gestione comune di boschi, pascoli e terreni. Il 1 ottobre 1822 veniva promulgata una prima normativa forestale provvisoria, che si limitava in sostanza a raccogliere e uniformare le norme vigenti in merito ai diritti comuni e allo sfruttamento di boschi e terreni. La normativa mirava a intervenire su diversi fronti. In primo luogo si sarebbe dovuto procedere ad una prima descrizione dei boschi, in attesa di definire una più completa e precisa mappatura...

 

Sistema aderente

Sistema informativo degli archivi storici del Trentino-AST

 

URL Scheda provenienza