Forma autorizzata del nome
Curazia dei Santi Pietro e Paolo, Bozzana (Caldes), 1747 agosto 11 - 1959 agosto 19
Curazia dei Santi Pietro e Paolo
ente della chiesa cattolica
La popolazione di Bozzana e di Bordiana era dotata di una cappella nella quale già dall'inizio del 1500 un sacerdote, proveniente dalla chiesa matrice di Livo, poteva in alcune occasioni celebrare delle funzioni sacre. Nella relazione della visita pastorale compiuta nella valle di Sole dal vescovo di Trento Bernardo Cles nel 1537 si legge infatti che Livo aveva "etiam capellas subscriptas: (...) item in villis Botzanae et Bordianae capellam sancti Petri apostoli (...)".(1) Questa cappella era "ab immemorabili" incorporata con la curazia di Cis al mantenimento della quale e del suo curato contribuiva per un terzo della somma stabilita. La popolazione di Bozzana quindi, per le funzioni principali relative alla cura d'anime, si doveva rivolgere al curato della chiesa di S. Giorgio di Cis. Il 16 giugno 1735 il vicario generale di Trento Francesco Martini concesse finalmente alla chiesa dei SS. Pietro e Paolo di Bozzana la licenza di conservare il fonte battesimale e il tabernacolo.(2) Nel 1742 il primissario di Bozzana don Giovanni Pietro Pancheri comparso di fronte al delegato vescovile dichiarava di celebrare nella chiesa di Bozzana le messe nella prima e nella terza domenica del mese e in ogni festa dell'anno, mentre il curato di Cis celebrava nella stessa chiesa la seconda e la quarta domenica del mese. Egli inoltre insegnava la Dottrina cristiana alla popolazione e per questo riceveva dalla comunità 33 ragnesi. In quell'occasione lo stesso primissario consigliava "per la salute delle anime" di provvedere affinché a Bozzana e Bordiana, distanti dalla curazia di Cis quasi un'ora e mezzo di cammino, si potessero amministrare almeno i Sacramenti del Battesimo, del S. Viatico e dell'Estrema unzione.(3) Le cose si stavano già da tempo muovendo in questa direzione. Il 24 aprile 1744 i rappresentanti della comunità di Bozzana e Bordiana chiesero formalmente all'arciprete di Livo don Dionisio Antonio Manfroni il permesso di chiedere all'Ufficio Spirituale di Trento di potersi separare dalla "collegazione" di Cis. L'arciprete, anche per prevenire litigi e incomprensioni, si dichiarava favorevole a tale divisione a patto che i suddetti vicini si impegnassero, ottenuto il permesso da Trento, al pagamento alla canonica di Livo di 150 ragnesi. L'arciprete e i suoi successori si riservavano il diritto di nomina del futuro curato con la facoltà ai vicini di Bozzana di poter escludere il primo nominato se questi non fosse loro piaciuto. I vicini erano tenuti a procurare l'alloggio ai futuri curati, a pagare loro il salario annuale e a fornire la legna per la canonica.(4)
Alcuni anni più tardi, l'11 agosto 1747, il vicario generale di Trento Pantaleone Borzi pronunciava un decreto con il quale ratificava la separazione della chiesa di Bozzana da quella di Cis e gli accordi presi precedentemente con il parroco di Livo.(5) Alcuni mesi più tardi lo stesso vicario confermava la nomina del primo curato di Bozzana, don Giovanni Battista Zadra.
Nei capitoli stilati nel 1756 dalla comunità di Bozzana per regolare il rapporto con il futuro curato si stabiliva che il sacerdote doveva amministrare i sacramenti (Battesimo, Penitenza, Eucarestia e Estrema unzione), assitere ai matrimoni come delegato dall'arciprete di Livo; insegnare con "sollecitudine" la Dottrina cristiana, "precedere al popolo con l'esemplarità e divozione ed impiegarsi a comporre le discordie e dissipare li scandali", celebrare la S. Messa le feste alle ore otto per non concorrere con la pieve, assistere con carità gli ammalati.(6) Di contro egli era fornito dalla comunità di una casa canonica, di un salario di 60 ragnesi in segale e miglio e di legna per il fuoco. Nello stesso documento si stablilivano gli onorari per le funzioni, per i patrocini della chiesa, per l'insegnamento ai bambini. La comunità inoltre si impegnava a fornire al curato 20 stari di vino e un'orna di vino brascato ricavati dalle rendite di un vigneto appartenente alla chiesa. Nel corso del tempo la dotazione non subì molte variazioni; la congrua curaziale consiteva nel contributo in denaro e in legna della comunità, al quale si aggiunse in seguito il contributo pecuniario del governo dal Fondo di Religione, nell'usufrutto della canonica e dell'orto annesso e di due fondi vignati di proprietà della chiesa.
Nel 1920 la curazia fu liberata dal concorrere materialmente al mantenimento e restauro della chiesa e del campanile di Livo pagando al Comune un importo una tantum.(7)
Come notava il curato don Mattia Springhetti nel 1937 la curazia di Bozzana "in pratica può considerarsi come indipendente o come parrocchia" poiché vi si celebrano le funzioni parrocchiali e per i matrimoni esisteva la delega permanente del parroco. Ma un'erezione canonica a parrocchia era vista come molto difficile vista la povertà del Comune, tra l'altro posto a dura prova nel 1932 da un furioso incendio che distrusse quasi tutto il paese, e quindi impossibilitato a costituire un fondo parrocchiale.(8)
Sistema informativo degli archivi storici del Trentino-AST