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Espositura di Masi di Cavalese, Masi di Cavalese (Cavalese), 1862 maggio 14 - 1958 giugno 9 - Ente

 

Tipologia

Ente

 

Forma autorizzata del nome

Espositura di Masi di Cavalese, Masi di Cavalese (Cavalese), 1862 maggio 14 - 1958 giugno 9  Linked Open Data: san.cat.sogP.87379

 

Altre denominazioni

Espositura di Masi di Cavalese

 

Tipo ente

ente della chiesa cattolica

 

Descrizione

Il paese di Masi di Cavalese si trova in val di Fiemme a pochi chilometri da Cavalese e attualmente rappresenta la sua unica frazione. Si tratta di un pittoresco aggregato costruito sul fondovalle e corrisponde alla zona dei cosiddetti "masi de là del Avés" (ossia al di là dell'Avisio), mentre i "masi de qua del Avés", sulla destra orografica del torrente, vanno identificati con Marco, Cavazzàl e Milòn. Gli abitanti di Masi anticamente dipendevano, anche dal punto di vista ecclesiastico, dalla pieve di Cavalese nella quale si recavano per assistere alle funzioni sacre e per ricevere i Sacramenti. Al principio del XVIII secolo gli abitanti unirono le forze e le finanze e, ottenuti i permessi dalle autorità competenti, riuscirono a costruire una chiesa che servisse agli esercizi di devozione senza doversi recare a Cavalese. In seguito gli abitanti richiesero ripetutamente all'arciprete di Cavalese che nella loro nuova chiesa potesse far celebrare da uno dei suoi cappellani qualche messa a beneficio della popolazione per evitare agli abitanti più anziani il tragitto verso la matrice che, soprattutto nei mesi invernali, poteva diventare disagevole o impraticabile. L'11 agosto 1713 l'arciprete di Cavalese concesse la licenza di celebrare la prima messa "che sia dita nel levar il sole li giorni di festa" senza pregiudizio della chiesa arcipretale; i frazionisti di Masi promisero di partecipare alle funzioni parrocchiali nei giorni di domenica e altre feste (1). La popolazione rimaneva in tutto e per tutto sottoposta al controllo del parroco per le altre principali funzioni. Nel corso del Settecento, l'unione di tre legati fondati da alcuni benefattori per il mantenimento di un sacerdote in loco permise la celebrazione di alcune messe a vantaggio spirituale della popolazione (2). Il primo beneficiato di cui si ha notizia fu Pietro Bellante che, a partire dal 1811, rimase per dieci anni a Masi. Nel 1819 venne concesso il tabernacolo per la custodia dell'Eucarestia (3). Il 14 maggio 1862 il vescovo di Trento Benedetto Riccabona autorizzò la costruzione del battistero e del cimitero (4). Dall'ottobre di quell'anno si iniziarono a tenere a Masi i registri dei battezzati e due anni dopo quelli dei morti (5). Con quelle autorizzazioni il sacerdote di Masi da primissario (che poteva celebrare solo alcune e particolari messe) venne elevato di fatto a cappellano esposto (cioè sacerdote con alcune facoltà di celebrazione anche se dipendente in tutto e per tutto dal parroco della matrice). Si procedette allora, anche su suggerimento dell'autorità vescovile, alla stesura di un accordo o capitolata che regolasse le funzioni ecclesiastiche dei futuri cappellani esposti(6). Il 6 aprile 1865 il parroco di Cavalese don Casimiro Bertagnolli, il cappellano di Masi don Cristiano Mattevi in presenza anche dal capo comune di Cavalese stilarono il documento nel quale veniva ribadita la subordinazione di Masi alla parrocchia di Cavalese e il diritto del parroco a eseguire a suo piacimento qualsiasi sacra funzione. Si concedeva al cappellano l'amministrazione dei sacramenti del battesimo, della penitenza, dell'estrema unzione, la spiegazione della dottrina cristiana e si stabilivano i diritti di stola. Il cappellano, in quanto responsabile dei registri dell'anagrafe, doveva annotare le nascite e le morti, far firmare "di proprio pugno" i padrini del battezzato, fare copia esatta degli atti e rimetterla immediatamente al parroco per l'inserzione nei registri parrocchiali; infine doveva presentare, ogni sei mesi, i registri alla canonica parrocchiale per l'esame e il confronto. Nel 1893 l'Ordinariato autorizzò il cappellano a tenere le matricole dei nati, dei matrimoni e dei morti e a rilasciare i certificati relativi; inoltre concesse il diritto di assumere gli sponsali e di esaminare gli sposi (7) e di conseguenza da quel momento partono anche i registri dei matrimoni dell'espositura (8). Per quanto riguarda l'assistenza ai matrimoni il cappellano veniva ancora delegato dal parroco di Cavalese. Alla vicinia spettava il diritto di patronato e di presentazione del curatore d'anime, diritti ai quali rinunciò nel 1958 a favore dell'Ordinariato di Trento (9); questo atto rappresentò l'ultimo passo verso l'erezione di Masi a parrocchia. Il 10 giugno 1958, con effetto dal primo agosto, il vescovo di Trento Carlo de Ferrari eresse la parrocchia di Masi ponendola tra quelle di collazione vescovile (10)...

 

Sistema aderente

Sistema informativo degli archivi storici del Trentino-AST

 

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